E’ trascorsa una settimana dal Convegno Nazionale, che a Firenze ha visto i rappresentanti della Chiesa italiana, dal 9 al 13 novembre attorno al tema “In Gesù Cristo un nuovo umanesimo” e stiamo certamente pensando, come procedere nel cammino.
Siamo state presenti al Convegno come FMA sia nella fase di preparazione, che come partecipanti; in totale 12 sorelle provenienti dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium, dal Centro di Coordinamento Nazionale da alcune Ispettorie d’Italia ….
Noi FMA nella Chiesa doniamo il nostro specifico carisma di chiamata all’educazione e viviamo il servizio di evangelizzazione come formazione integrale della persona.
Come comunità ecclesiale siamo convinti che la forza dello Spirito motiva la costante ricerca del “nuovo” e conferma la promessa fatta da Gesù “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). In mezzo è una “posizione” eloquente per noi Chiesa: popolo di Dio, che oggi è fortemente chiamata verso le periferie esistenziali; una prossimità che ci fa uscire e procedere in movimento dinamico verso l’altro, perché nell’incontro sincero avviene in uno scambio-dono che arricchisce e migliora persone e comunità. Una compagnia per la promozione della dignità umana al fine di sollevare dalla depressione dell’ingiustizia e della povertà, per costruire un mondo più vivibile e più umano.
In un’omelia, durante una Celebrazione Eucaristica in Santa Marta, Papa Francesco disse: “Gesù sta in mezzo alla gente non è un professore, un maestro, un mistico che si allontana dalla gente e parla dalla cattedra. No! E’ in mezzo alla gente; si lascia toccare; lascia che la gente gli chieda.”.
Papa Francesco ci ha invitati a vivere sul serio lo stile di Gesù, ad assumere gli stessi suoi sentimenti: umiltà, disinteresse e letizia. Sono i tratti di una comunità che se si esercita e lascia spazio alla “calda forza interiore “ è capace di prendere decisioni coraggiose!
E quasi da considerarsi “compito a casa” valutare quanto i “sentimenti di Gesù” facciano parte dei nostri discorsi e delle nostre organizzazioni. Forse già questo esercizio spirituale potrebbe allenarci all’umano, ad un sano e un vero disinteresse, per lanciare “frecce di creatività” sulle vie dell’uscire, dell’abitare, dell’evangelizzare, dell’educare e del trasfigurare.
Il Papa giunto a Firenze il 10 novembre, in Cattedrale, prima di iniziare il suo intervento, rivolse lo sguardo verso l’alto, e della maestosa cupola disse “siamo attratti verso l’alto, mentre contempliamo la trasformazione del Cristo giudicato da Pilato nel Cristo assiso sul trono del giudice. (…) Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo”.
Allora … tutti con lo sguardo verso l’alto, dentro un clima di discernimento, per affinare l’attenzione e ricalibrare la “posizione”, le priorità, le strutture comunitarie, i ruoli e le scelte pastorali.
Ci interessa vivere la sinodalità che sa riconoscere l’altro, valorizzare potenziali risorse, connessioni comunicative, vivere e condividere nella celebrazione l’esperienza di fraternità, perché “è l’indole comunitaria che caratterizza la nostra vocazione” (GS 24).
Con onestà abbiamo anche visto come spesso l’autoreferenzialità, il successo, la svalutazione ci fanno prendere coscienza di quanto ancora ci sentiamo detentori di una buona notizia data con poca fiducia a tutti. Infatti possiamo riconoscere che c’è un “tesoro chiuso in cassaforte” quasi un patrimonio fermo, che invece può essere condiviso con tutti senza fare sconti o scelte selettive.
Chi può “maneggiare l’arco” in questo tempo di cambiamento dove le istruzioni per procedere non sempre sono chiare? Ci sembra di aver intuito la direzione e poi il lancio non ha presa? Le persone ci sono, ma poi si sbaglia il tiro e si va un po’ ai limiti della carità…
La risposta ci viene da Papa Francesco quando nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, al n. 171 tratteggia le caratteristiche di una persona, “un arciere” adatta ad avviare e sostenere i processi di novità. A queste persone è richiesta l’esperienza di essere stati accompagnati, si tratta di “uomini e donne (…) che conoscono il modo di procedere, dove spicca in loro la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito”
E’ richiesto uno stile educativo raffinato, perché umano, abile nell’ascoltare, che è più che sentire, nel comunicare che è più che parlare, nell’ individuare il gesto e la parola opportuna.
Il patrimonio sono le persone, la storia delle comunità, il confronto tra le culture, la partecipazione politica, il dialogo tra le religioni, la pazienza nel formare nuove personalità alla fede. Nella comunità cristiana c’è la ricchezza di una qualità educativa da mettere in campo familiarizzandola con le 5 vie, per far matura relazioni e azioni all’interno della comunità, per poi attivare rete nei diversi contesti.
La Chiesa è per vocazione una comunità che educa, la dimensione educativa è una linea portante nella riscoperta dell’umanesimo cristiano; infatti quando un gruppo è unito e convergente ha una forza trainante che convince chi li guarda, qui c’è la strada per attivare la novità, il coinvolgimento, il contagio e il risveglio di un’umanità più credente. La comunità ecclesiale, come sì è detto al Convegno se vive “coerentemente la propria fede come dono ricevuto e come consegna è per le nuove generazioni una risposta alle sfide e alle difficoltà”. Quindi in ogni realtà collettiva a partire dalla famiglia: nucleo della società e chiesa domestica la possibilità di allenarsi nella fiducia verso l’altro, nella responsabilità, nell’educazione di atteggiamenti e stili più umani secondo il profilo evangelico.
Infine, ci lasciamo suggerire, da Madeleine Delbrêl (mistica francese del XX sec) con quale energia procedere nelle cinque vie, per adottare la speranza nel lancio di “frecce creative” che generino cambiamento e comunità vitali nella fede.
“Andate…” dici a ogni svolta del Vangelo. (…)
Un po’ come in bicicletta che non sta su senza girare, (…)
una bicicletta che resta appoggiata contro un muro (…)
per farla correre veloce sulla strada.
La condizione che ci è data è un’insicurezza universale, vertiginosa.
(…) Tu ti rifiuti di fornirci una carta stradale.
Il nostro cammino si fa di notte.
(…) Ma al di là di questa garanzia tutto il resto è lasciato alla tua fantasia che vi si mette a suo agio con noi.
Sr Carmela Santoro