INCONTRO DELLA COMMISSIONE COMUNICAZIONE NAZIONALE

Il 30 maggio si è riunita online, come è ormai consuetudine in questo periodo di pandemia, la Commissione Comunicazione Italia, presieduta da sr Anna Razionale, presidente dell’Associazione CIOFS; era presente anche sr Palmira De Fortunati, Ispettrice delegata per la Comunicazione Sociale. Ad introdurre con un momento formativo l’incontro c’è stato il prof. Pier Cesare Rivoltella, docente ordinario dell’Università Cattolica di Milano e fondatore del CREMIT, che, a partire dal Messaggio di Papa Francesco per la 54ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, ha aiutato le partecipanti a meditare su alcuni tratti della pedagogia comunicativa salesiana. Il tema “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria. La vita si fa storia” è stato focalizzato dal relatore facendo ricorso al racconto di alcune testimonianze di vita legate agli argomenti tratti dal testo del Pontefice. Con il  metodo narrativo utilizzato, quello dello storytelling,  il docente ha messo in pratica esperienzialmente quanto voleva comunicare a proposito delle affermazioni del testo di Francesco prese in considerazione..

Non tessiamo solo abiti, ma anche racconti

La comunicazione educativa come capacità di tessere storie

La prima riflessione è stata sviluppata intorno alla metafora della comunicazione come attività sartoriale. Noi tessiamo i fili dei nostri discorsi; non a caso la parola italiana testo deriva dal latino textus che significa tessuto. Il testo (non solo quello scritto, ma anche quello che fa uso di immagini fisse o in movimento) è infatti un’unità semiotica di parti diverse e coerenti, attraversate da un’intenzionalità comunicativa. Comunicando educativamente, anche noi redigiamo testi e lo spazio in cui li scriviamo è l’anima dei nostri ragazzi. Il testimone di questa prima riflessione è Domenico Savio ricordato nel noto episodio del dialogo con Don Bosco che gli dice: “Mi pare che in te ci sia della buona stoffa per fare un abito da regalare al Signore”. “Dunque – risponde il giovane – io sono la stoffa, lei ne sia il sarto”.

“Abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni”

L’importanza del fare pedagogia della narrazione

Un secondo esempio di vita è stato quello riferito all’esperienza del formatore che ha raccontato alcuni episodi della sua giovinezza trascorsa in una scuola salesiana. Il suo assistente era solito richiedere agli allievi la redazione di una cronaca della bontà giornaliera.  Questo è stato da lui valutato, una volta adulto, come un esercizio di sapienza. La pedagogia della narrazione genera la fede. Ecco perché abbiamo bisogno di chi sa creare racconti belli, veri e buoni, abbiamo bisogno di tessitori di storie: anche don Bosco lo fu quando narrava aneddoti, episodi, vite dei Santi.

“L’attesa educativa come presenza basata sulla fiducia”

Abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo.

La terza riflessione ha ruotato intorno al tema della pazienza come attesa educativa. “La preventività consiste nel far sentire amato il giovane, nel dargli fiducia, vigilare, nell’osservare, nel comprendere, soccorrere, compatire, accompagnare, senza mai sostituirsi alla libertà del giovane” (Pietro Braido).  “Una buona storia – dice papa Bergoglio –  è in grado di travalicare i confini dello spazio e del tempo. A distanza di secoli rimane attuale, perché nutre la vita”.

“Ciascuno di noi conosce diverse storie che profumano di Vangelo”

Scovare storie che profumano di Vangelo e raccontarle applicandole alla vita

Ultimo invito del professore è stato quello di cercare nelle pieghe del quotidiano storie che profumano di Vangelo e raccontarle. Le storie di santità devono essere diffuse ed applicate alla vita nostra e dei giovani diventando testimonianza. E’ importante leggere il Vangelo in chiave educativa e concepire l’educazione come salvezza totale.

 

L’incontro, dopo un momento di risonanze e di dibattito, si è concluso con il suggerimento di alcune piste di lavoro e di cammini formativi:

è necessario abilitarci ad uno storytelling pastorale per narrare storie belle, vere e buone, che profumano di Vangelo.

Per questo abbiamo la necessità di formarci ad una coscienza ecologica del digitale e porci queste domande:  Come abitiamo i media? Come si sta nel digitale? Come l’ecologia ambientale richiede degli atteggiamenti, così pure l’ecologia mediale richiede consapevolezza, misura, prudenza, capacità di non inquinare, di non produrre in eccesso, di non lasciare in giro spazzatura.

Dobbiamo abilitarci ad un uso consapevole del digitale quale strumento che ci connette a tutte le altre persone, che può essere, pertanto, considerato una sorta di sinapsi sociale, ammettendo che ormai utilizziamo i dispositivi come una   protesi, un prolungamento del nostro corpo, dai quali difficilmente ci  stacchiamo non percependo più la differenza fra rumore e silenzio, vuoto e pieno.

Dobbiamo qualificarci nell’utilizzo appropriato dei media, comprendendone le specificità ed utilizzando linguaggi specifici in base alla tipologia di ambiente utilizzato.

La commissione si è arricchita molto attraverso grazie all’apporto di pensiero del prof. Pier Cesare Rivoltella e si è proposta di approfondire le tracce di riflessione abbozzate, facendone obiettivo di formazione per il futuro, pensando soprattutto che abitare il digitale è una delle opportunità evangelizzazione dei giovani, campo di missione privilegiato per ogni figlia di Maria Ausiliatrice.