“Siamo gli incontri che facciamo”: questo ha ripetuto più volte Mario Tagliani, per oltre trent’anni “maestro dentro” presso l’Istituto Penale Minorile Ferrante Aporti di Torino.
In tal senso, e non solo, noi del Liceo Madre Mazzarello di Torino siamo dei privilegiati. La sera del 2 ottobre abbiamo avuto il dono di incontrare due “amici” della scuola, due grandi rappresentanti della buona umanità che lavora instancabilmente per rendere questo mondo un pochino migliore.
Sono le 20.30. Il salone della scuola brulica di gente che continua ad arrivare dall’ingresso, un po’ affannata per la faticosa ricerca del parcheggio, ma pronta ad uno scatto potente per assicurarsi le ultime sedie ancora libere. Gli alunni riempiono già posti di fortuna, panche improvvisate e comode porzioni di linoleum.
Il tavolo dei relatori, ben predisposto, accoglie già lo scrittore Fabio Geda e il maestro Tagliani. Ancora una manciata di minuti per consentire al moderatore, il bravo Alberto Chiara, caporedattore di Famiglia Cristiana, di dribblare il traffico della tangenziale e il convegno ha inizio. Guest star don Aldo Rabino, grande educatore e professore a riposo della Mazzarello, che sorride dal Paradiso in cui abita.
“Il demonio ha paura della gente allegra” è il tema della serata, preso a prestito dal titolo dell’ultimo libro di Geda. Non una ripetuta memoria della pedagogia salesiana, peraltro di casa alla Mazzarello, ma una condivisione sulle sfide educative dell’oggi, un tempo di avare speranze e minacciosi squarci di futuro, che servono a Geda stesso a dare una nuova rappresentazione del demonio in chiave più aggiornata. Per vincere i nuovi mostri, insidiosi forse più dei vecchi, non serve l’allegria degli sprovveduti, che nasconde approcci superficiali all’esistenza e comodi sgravi di impegno, ma quella di chi sa assumersi il suo carico di responsabilità ed avere fiducia prima in se stesso e poi nelle nuove generazioni, non necessariamente deputate a risolvere gli impicci da cui noi non sappiamo districarci.
Serve l’allegria degli adulti significativi, gli fa eco Tagliani: quelli che i suoi ragazzi del Ferrante, da cui ha preso avvio anche la grandiosa opera educativa di don Bosco, non hanno avuto e quella senza la quale non si può crescere bene. Il bravo maestro, un neopensionato con l’energia che molti solo possono sognare, ha parlato dei doveri della scuola, che spesso dimentica o allontana perché incapace di sconquassare la forma a vantaggio di un poderoso cammino veramente educativo, al di là della (talvolta comoda) prigionia dei programmi. Ha richiamato gli insegnanti, invitandoli a praticare l’arte dell’ascolto, di cui hanno bisogno anche i giovani apparentemente più riottosi.
E ha suggerito di fare attenzione, perché accorgersi del disagio non è facile, ma possibile e doveroso, soprattutto se si pratica il difficile terreno dell’educazione. Accorgersi soprattutto di tanti vuoti, che abitano la mente e il cuore di molti nostri ragazzi, e cha la società è pronta a riempire di modelli sbagliati, capaci di demolire fragili personalità ed intere esistenze. In quei voti, urge seminare germi di desiderio, di passione, di cultura, di buoni esempi. Solo così potremo essere adulti significativi, solo così potremo amare veramente figli e alunni e rinnovare in loro fiduciose speranze.
Domande di grandi e piccini, di nomi della cultura torinese e di ragazzini della primaria, applausi ripetuti e sinceri concludono due ore intense. Piene. Come la vita. Come la scuola.
Bellissimo che , l’altra sera, fosse la “nostra” scuola.